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Critiche
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1990
Il quotidiano di Ballantini
di Nicola Nuti
La quotidiana frequentazione dei fatti d’arte ci porta spesso al vizio ottico di indagare nella materia, per perdersi poi a inseguire il tratto, le pennellate che si infittiscono o dileguano: e' un modo per perdere contatto con la routine e diminuire le distanze tra noi e l'opera cosi' cio' che poteva passare inosservato nella pittura di Dario Ballantini, giovane pittore Livornese gia' alla sua settima personale, che espone alla galleria teorema, in questi giorni, e' finito per diventare un elemento saliente, caratteristico. Parliamo del rapporto tra la figura e lo spazio e le masse di colore, che in Ballantini non e' mai dato per scontato, anzi appare consapevolmente gestito ai fini espressivi. Il senso di malinconia e lacerante solitudine, di precarieta' esistenziale che e' nei suoi lavori non scaturisce tanto dal tratto veloce e ruvido quasi "selvaggio", o dalle figure umane martoriate dai segni, ma al rapporto di queste con lo spazio i colori con costanti tonalita' scure squarciate da vividi rossi e sovrastate da cupi blu e neri, incombono sulle figure quasi costringendole alla ribalta del quadro. Ballantini e' consapevole regista di questa scena e questa voglia di andare in profondita' di estendere il rapporto con la pittura al di la' di se stesso, ci fanno perdonare alcuni errori, certe ingenuita' che del resto sono tappe obbligate per un artista in crescita.